GIRO TONDINO…

ASSURTO A EMBLEMA DELLA BELLA VALLE DEL FIUME TAVO, LO SPECIALISSIMO FAGIOLO – VERO E PROPRIO PRODOTTO DI NICCHIA – È CUSTODITO DA TENACI CONTADINI NONOSTANTE LA POCA RESA GIÀ SQUISITI LESSATI IN “PIGNATTA” E CONSUMATI SEMPLICEMENTE CON UN POCO DI OLIO, I TONDINI DIVENTANO UNA VERA LECCORNIA IN INSALATA  Il grosso borlotto e il minuto cannellino fanno un doveroso inchino al raro e gustoso tondino. Fin dall’antichità l’agricoltura ha puntato su due gruppi di piante: i cereali e i legumi perché complementari sia a livello agronomico che nutrizionale e per la facilità di conservazione e trasporto. I legumi sono una fonte di proteine per il corpo umano e di azoto per i terreni, nonché adatti alla pratica del sovescio e dell’avvicendamento colturale. Documenti attestano che sull’Appennino centrale la coltivazione di piselli, lenticchie e cicerchie risale a 6000 anni fa.

In Abruzzo, a motivo dell’attaccamento delle popolazioni alle proprie tradizioni, alle peculiari forme economiche e alle caratteristiche geografiche e pedologiche, vengono ancora oggi coltivate diverse varietà di legumi e tra queste il tondino del Tavo. Assurto a emblema della bella Valle del fiume Tavo, lo specialissimo fagiolo è custodito da tenaci contadini nonostante la poca resa e dall’essere un prodotto di nicchia.  Il tondino presenta una colorazione che va dal bianco latte all’avorio, con un tegumento esterno sottile e lucido che diventa più scuro se durante il periodo di maturazione vi sono state abbondanti piogge. Il baccello si presenta duro, allungato con dimensioni medio-piccole. La pianta ama terreni sabbiosi e/o ciottolosi, poco profondi e poveri di sostanza organica, necessita di sostegno e quantità elevate di acqua. Un’eventuale presenza eccessiva di calcare si ripercuote sulla cottura che diviene più lunga. La semina avviene appena dopo la mietitura direttamente sulle stoppie, mentre la raccolta viene effettuata verso la fine di ottobre.

A Cappelle sul Tavo (Pe), a fine agosto, per rendere il giusto merito a questo principe dei legumi si tiene una frequentata sagra. Va altresì ricordato che fino a una trentina di anni fa, oltre al fagiolo, venivano qui coltivate alcune varietà di aglio e cipolla, tanto rinomate da essere apprezzate anche fuori regione e meritare dall’arciprete Basilicati una cantilena che così recitava: “Pe cumprà cipolle belle va a la zenghere de le Cappelle”. Una curiosità: i primi abitanti di questo centro alle falde del Gran Sasso, lo provano i reperti rinvenuti, erano dediti alla fabbricazione di oggetti primitivi di terracotta per la presenza di terreni argillosi. Quale migliore cottura allora per il nostro tondino se non in pignatta? Anche Loreto Aprutino (Pe), che ha come fiore all’occhiello un olio extravergine di oliva dop, vanta una consistente produzione di questa varietà di fagiolo. Nel bel centro storico si svolge a fine luglio o ai primi giorni di agosto una kermesse di cultura e gastronomia denominata Sagra & profano. Questa località è molto conosciuta per la festa patronale di san Zopito che coincide con la domenica di Pentecoste e il lunedì seguente, caratterizzata dal rito che vede un bue, durante la processione, inginocchiarsi tre volte: la prima volta davanti alla chiesa di sant’Antonio, la seconda davanti alla chiesa di san Pietro per ricevere la benedizione dell’abate e l’ultima nel cortile di Palazzo Valentini dove la famiglia proprietaria della rinomata cantina offre ai presenti “tarallucci e vino”.

I tondini, già squisiti lessati in pignatta e consumati semplicemente con un poco di olio, diventano una vera leccornia in insalata, cioè lessati e conditi con un trito di cipollina, sedano, basilico e olio extravergine di oliva fruttato; se piace si può aggiungere anche dell’aceto. Insuperabile, poi, la zuppa col tondino: carote, sedano, aglio, cipolla, piccola patata, misto di erbe aromatiche (timo, origano, rosmarino e salvia) e pepe nero se si vuole. A noi è venuta un’idea: perché non realizzare un piatto identitario della Terra Vestina, una “pasta e fagioli” dove il tondino è affiancato dalla buonissima pasta di Pianella (Pe), con un filo d’olio aprutino a crudo e un bicchiere pieno fino all’orlo di un ottimo vino delle colline pescaresi? Il massimo del gusto verrebbe raggiunto con la possibilità, tra una cucchiaiata e l’altra, d’incrociare con lo sguardo il mare Adriatico da una parte e il Gran Sasso dall’altra. Da 0 a 2912 metri. L’Abruzzo: la quadratura del cerchio.