Devo scrivere qualche riga sul centenario de L’Eco. Ma lasciatemi partire da Giovanni XXIII, il papa buono venuto dalla campagna, il papa dell’audacia del concilio. Sono passati cinquant’anni dalla sua morte e nel frattempo è stato proclamato anche beato. La sua convinzione era che il messaggio del vangelo dovesse raggiungere ogni uomo, senza alcuna preclusione di religione. Fu definita un’utopia. Era invece una profezia, un’intuizione che ha aperto la strada del dialogo con tutti, cristiani e non cristiani, credenti, miscredenti e atei dichiarati. Le sue encicliche Mater et magistra e Pacem in terris pongono la chiesa al centro delle questioni del mondo. Il Vaticano II fu un concilio pastorale, nessun dogma da proclamare, si proponeva soprattutto di trovare le parole giuste per annunciare il vangelo di sempre all’uomo contemporaneo. Oggi vediamo che papa Francesco, il papa venuto dalla fine del mondo, muove i suoi passi esattamente in quel solco del concilio: annuncia il vangelo con spontanietà, frasi brevi e metafore, gesti poco protocollari. E sollecita programmi sociali più audaci. Parlando all’assemblea della Cei ha spiegato con chiarezza che il ve-scovo deve camminare davanti al popolo, deve stare anche dietro a spingerlo, ma soprattutto deve stare in mezzo per condividerne gioie e dolori. Una domenica all’Angelus ha detto che non bisogna aver l’idea di un dio spray, come se una spruzzatina di vangelo qui e là possa sistemare tutte le cose. Un’espressione che mi si è piantata in testa come un chiodo: annunciare la totalità del vangelo ma con parole semplici e comprensibili, magari anche con qualche esempio preso dalla vita di tutti i giorni. Non diversamente da Gesù che traeva ispirazione osservando la solerte casalinga o i grezzi pescatori, attraversando villaggi e campagne della Palestina per proclamare la buona notizia del regno di Dio. Ecco, mi son detto, proprio quello che si è sempre proposto L’Eco fin dall’inizio: essere voce libera del santo e aiutare i lettori a decodificare il vivere sociale con la lente della fede. Lo scrivevano i fondatori Stanislao Battistelli e Fausto Pozzi nel programma editoriale, l’hanno ribadito tutti i direttori e collaboratori che si sono succeduti lungo i decenni. Articoli chiari, concisi e senza fronzoli; testimoniare la verità senza scendere a compromessi neanche di fronte alla censura che lo imbavagliò per quattro anni dal 1941 al 1945. Se possibile, con maggior vigore vogliamo ribadire questi principi ora festeggiando il traguardo dei primi cento anni di vita. Cento anni… e non sentirli, in piena salute e gradimento, come attestano centinaia di migliaia di lettori sparsi per il villaggio globale. A proposito. Come precisato nel banner-invito sottostante, domenica primo settembre ci sarà un’amichevole celebrazione nel nuovo santuario: una tavola rotonda con singolari testimonianze e la presentazione del magnifico catalogo che raccoglie le opere pittoriche della mostra allestita per il centenario. Un prezioso volume da non perdere. Tutti i nostri lettori e devoti di san Gabriele sono invitati. E allora “settembre, andiamo” come poetava il vate Gabriele d’Annunzio.
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