AMABILE GIOVANE carissimo a tutti

Quando Gabriele dell’Addolorata il 20 giugno 1858 da Morrovalle (Macerata) arrivò a Pievetorina per continuarvi gli studi, ebbe subito una gradita sorpresa. In comunità tutti i religiosi, sia anziani che giovani, parlavano con ammirazione di uno studente non ancora ventenne che lì era vissuto e lì era morto il 13 febbraio 1855, lasciando luminosi esempi di vita edificante. Lo ricordavano con compiaciuta e vivissima tenerezza come “un amabile giovane carissimo a tutti per la pietà e che sempre si era distinto per la premura nel farsi santo… come un candidissimo giglio trapiantato dal Signore nel giardino del cielo”. Sentendoli parlare così, Gabriele confermò con accresciuta fermezza il suo proposito di affrettare il passo verso la perfezione.

Lo studente, tanto lodato dai religiosi, si chiamava Eutizio Schiavetti. Gabriele ascoltava stupito e desiderava saperne sempre qualcosa di più. E allora conosciamolo anche noi. Eutizio era nato il 9 aprile 1835 a Giove (Terni), paese a due passi da Amelia. La sua vocazione viene favorita da alcune precise circostanze. Ad Amelia è stato vescovo Tommaso Struzzieri, passionista (1706-1780). Sono passati alcuni anni dalla sua morte, ma Eutizio sente ancora parlare della sua bontà, del suo zelo pastorale, delle sue eminenti doti oratorie, del suo prodigarsi per il bene del popolo. Inoltre, dai conventi vicini i passionisti arrivano anche a Giove per annunziare il vangelo e spesso sono ospiti della famiglia Schiavetti, lieta di essere da tempo tra i benefattori della congregazione. Eutizio quindi ha molte opportunità per conoscerli e nasce quasi spontaneo in lui il desiderio di diventare missionario.

Il 25 giugno 1850 veste l’abito religioso nel convento di San Giuseppe sul Monte Argentario (Grosseto). Il convento, sorto appositamente come sede del noviziato, fu voluto dallo stesso fondatore san Paolo della Croce che ne scelse il luogo e ne tracciò il perimetro con il suo bastoncello; inaugurato nel 1761, immerso in una incantevole solitudine, con il suo silenzio favorisce il raccoglimento e la contemplazione. Qui Eutizio sperimenta più da vicino la vita passionista, ne comprende il carisma e ne vive lo spirito con gioia. Trova pienamente appagante quanto gli viene insegnato; i superiori sono molto soddisfatti di lui e volentieri lo ammettono alla professione dei voti che il giovane emette il 26 giugno 1851, a sedici anni.

Per gli studi umanistici e filosofici, propedeutici alla studio della teologia, Eutizio viene inviato, in rapida successione, in vari conventi: prima in quello che si trova ugualmente sul Monte Argentario e dedicato a Maria santissima presentata al tempio, poi in quello di Corneto, oggi Tarquinia (Viterbo); da qui di nuovo al Monte Argentario e poi ancora a Corneto. Alla fine di febbraio del 1853 arriva a Pievetorina. Nello studio il giovane brilla non tanto per l’intelligenza, del tutto normale, quanto per l’impegno e l’applicazione che gli garantiscono risultati degni di elogio.

Nella primavera del 1853 si manifestano in lui i primi sintomi della tisi tubercolare. Dopo una cura adeguata il male sembra sconfitto; in realtà ha concesso solo una tregua. La tisi, tornata nell’estate dell’anno successivo con spietata virulenza, costringe il giovane a rallentare il cammino scolastico e lo avvicina sempre più velocemente alla morte. La comunità religiosa ne rimane costernata. Eutizio invece non si abbatte. In precedenza nei suoi discorsi parlava spesso del paradiso, ora l’argomento diventa ancora più abituale. Sorprende tutti, raccontano i testimoni, “per la gioia inesprimibile” con cui vive la sua malattia e si prepara a lasciare la terra. Sul letto di morte chiede perdono ai confratelli e ringrazia tutti per la loro premura e benevolenza; lui li aspetta in cielo. Continuerà ad amarli e pregherà per loro stando vicino a Dio, alla Madonna e al fondatore. Per confermare la sua totale consacrazione al Signore, vuole rinnovare la professione dei voti nelle mani del superiore padre Gaudenzio Chiarlone. Ricevuta poi l’eucaristia lo si vede entrare quasi in estasi e lo si sente ripetere più volte: “Paradiso, paradiso! Eccolo è aperto! Alleluia, alleluia!”. I presenti restano incantati e sono quasi fuori di sé per la meraviglia. Quando si riprendono dallo stupore, Eutizio li ha già lasciati per andarsene in cielo. (167)           p.dieugenio@virgilio.it