Protagonista della cultura e dello spettacolo italiano del 900, si è spento lo scorso mese a Roma a quasi 98 anni Arnoldo Foà. Attore di teatro, cinema e radio, regista, doppiatore, ma anche scrittore, poeta e scultore, ha lavorato con Welles, Losey, Germi e negli anni del boom divenne uno dei volti più popolari della televisione. Di Foà il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ne ha parlato come di una figura esemplare di artista, di interprete della poesia e del teatro, animato da straordinaria passione civile e capace di trasmettere emozioni e ideali al pubblico più vasto. “Desidero – ha detto il capo dello stato – rendere omaggio alla sua lunga fatica, al suo forte senso di attaccamento ai valori democratici della nostra repubblica, e ricordare con animo commosso le molteplici occasioni di incontro e di profonda sintonia che mi hanno legato a lui”. L’attività in teatro Arnoldo Foà la cominciò piuttosto presto, a 17 anni, dopo aver frequentato a Firenze una scuola di recitazione. Esperienze non proprio appaganti che lo portarono, per questo, ad optare per il centro sperimentale di cinematografia a Roma. Nel 1938, l’anno delle leggi razziali del fascismo, in quanto ebreo dovette abbandonare per andare a lavorare, costretto, però, a usare nomi falsi (tra cui Puccio Gamma) e a ricoprire saltuariamente il ruolo del sostituto di attori malati. In quel periodo riuscì a lavorare nelle compagnie più prestigiose: Cervi-Pagnani-Morelli-Stoppa, Ninchi-Barnabò, Adani-Cimara, Maltagliati-Cimara. Nel 1943 si rifugiò a Napoli, dove diventò capo annunciatore e scrittore della Radio Alleata Pwb. Fu lui, l’8 settembre del 1943, a dare la comunicazione dell’armistizio con gli alleati. Nel 1945, finalmente libero da persecuzioni, riprese con il teatro e si avviò verso quella che sarebbe stata la sua brillante carriera.
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